A volte sono un pò troppo curioso.
Cercando di arrivare al Monte di Aaron prendo dei sentieri lontani dai monumenti più visitati.
Petra, lontano dai monumenti principali
Tra le rocce e la terra bruciata si erge un grosso albero. Ai suoi piedi e tutto intorno delle lastre di pietra conficcate nel terreno: è un cimitero musulmano.
Petra, cimitero musulmano
Cammino ancora, mi allontano sempre di più. Entro nei “wadi”, cioè letti di fiumi prosciugati, pericolosi in quanto soggetti ad improvvise inondazioni in caso di pioggia. Oggi per fortuna il cielo è terso.
Petra, un wadi
Mi imbatto in un piccolo campo coltivato, recintato da filo spinato. Blocca il passaggio, così decido di scavalcare, sperando non ci sia il proprietario nei paraggi… nel farlo mi procuro un bello strappo ai pantaloni, per fortuna solo a quelli.
Sulla mia strada non incrocio nessuno, nemmeno un beduino. Ad un certo punto mi rendo conto che non sto più seguendo alcun sentiero. Mi sono perso.
Petra, camminando nel wadi
Sono ormai lontano ore dai percorsi turistici ed il sole si avvia al tramonto. Inoltre la mia acqua è quasi finita e sebbene sia novembre il caldo si fa sentire molto. Decido di andare avanti e tentare di tornare alla base facendo un giro ad anello. Ma davanti a me adesso ci sono delle montagne di pietra scura e spoglie di vegetazione. Inizio a salire, il lato e scosceso e le pietre cedono e rotolano al mio passaggio. Sono quasi in cima, da lì dovrei vedere Petra, penso. Invece la cima vera è ancora più in alto. Bevo, razionando quel poco di acqua che mi è rimasta. Arrivato su lo scenario è fantastico, nonostante la fatica. Ma al tempo stesso deludente: di Petra non c’è traccia, montagne e colline da un lato e dall’altro. Ho sbagliato i miei conti.
Petra, un teschio di capra
Manca più o meno un’ora al tramonto. A questo punto comincia a prospettarsi l’eventualità di passare la notte fuori, all’addiaccio. Mi guardo intorno e non c’è nessuno anfratto nè un albero dove ripararsi sulla montagna e tornare nella gola mi sembra rischioso, animali selvatici potrebbero farmi visita. E con me, proprio oggi, non ho portato il kit d’emergenza (telo termico e coltellino).
Cosa fare? Decido di tentare il rientro.
Inizio la discesa, velocemente. Ma dopo una mezz’ora le gambe iniziano a cedere, ho dei principi di crampi. L’acqua è finita e così gli zuccheri che ho in corpo. Ho con me qualche biscotto secco, ma è dura farli andar giù. E poi aumentano la sete…
Le pietre scricchiolano sotto i miei passi e rotoloano verso il basso, a volte scivolo. La vallata comincia ad imbrunirsi.
Dopo un’ora arrivo giù e faccio il percorso al contrario, scavalcando di nuovo il recinto di filo spinato e quando passo vicino al cimitero è ormai buio.
Petra, tramonto sulle montagne
Ma sono contento. Ho ritrovato il mio sentiero e con l’oscurità viene fuori un cielo stellato meraviglioso.
Cammino, stanchissimo ed assetato. Poi, poco più avanti, sento delle voci. Sono dei beduini e una famiglia inglese che cena con loro. Chiedo loro dell’acqua; un beduino mi dice che è dei pozzi beduini e potrei avere problemi di stomaco. Gli rispondo “no problem”. Ne bevo un litro. Non ho avuto nessuno problema.
Cammino ancora per quasi un chilometro, poi mi raggiunge un ragazzino che, in groppa al suo asino, mi propone il suo taxi (li chiamano proprio così): sono esausto ma mi metto lo stesso a contrattare sul prezzo. Alla fine arriviamo ad un accordo e così mi faccio gli ultimi 3 km a dorso d’animale: i miei piedi ringraziano.
È ormai sera, la luna risplende. Solo pochissimi turisti sono ancora in giro. E i beduini, i ragazzi più grandi, con gli occhi verde scuro cerchiati, sui loro bei cavalli neri, che a volte inscenano delle brevi corse.
Nella gola del Siq il buio si fa pesto. Un lieve brusio e calpestar di zoccoli. L’atmosfera è magica.
Questo è uno dei giorni più pieni, carichi di emozioni della mia vita.