Petra, secondo giorno
febbraio 12th, 2013 | Posted by in GiordaniaPetra, che in greco significa roccia, si trova a 250 chilometri a sud di Amman. In semitico era chiamata Reqem o Raqmu, cioè “la variopinta“; fu prima città edomita, una antica popolazione abile nella costruzione in pietra, e capitale dei Nabatei dopo. Questi ultimi, nomadi arabi provenienti dalla parte occidentale della penisola araba, grazie agli accordi con le genti vicine ed agli scambi commerciali fecero di Petra un centro molto importante.
La città raggiunse il suo picco di prosperità durante il regno di Areta IV, tra il 9 a.C. ed il 40 d.C., quando aveva esteso il suo controllo su vaste aree, da Palmira a Damasco alla Palestina.
Nodo vitale per le carovane che commerciavano nel Medio Oriente, sopratutto incenso proveniente dallo Yemen, ma anche spezie e sete dall’India e perle dal Mar Rosso, Petra offriva acqua e sicurezza: in quel periodo la sua popolazione si attestò tra i 20.000 ed i 40.000 abitanti.
Successivamente i Romani riuscirono a spostare i commerci verso l’Egitto e di conseguenza l’importanza di Petra iniziò dapprima a diminuire, poi terminò del tutto, quando Palmira ne prese il posto, sempre ad opera dei Romani.
Nei secoli successivi la città si ridusse ad un villaggio, abitato solo dai beduini. Le ultime notizie antiche, dopo che fu conquistata dai crociati franchi e poi dal musulmani, risalgono alla fine del 1200, dopodiche fu dimenticata fino all’epoca moderna.
Andando a zonzo per le rovine decido di abbandonare la via più battuta e di prendere un sentiero che ha come meta il Monte di Aaron, il fratello di Mosè che si dice sia stato sepolto qui.
Dietro una curva, tra le rocce, incontro due ragazzine beduine, scalze, a giocare. Mi salutano ridendo, “helloooo!”. Ricambio e faccio per proseguire. Ma mi chiamano e mi fanno un invito “tea?”. Rifiuto, ma insistono “teeaaaa, teeaaaa… come… home”. Beh, rifiutare due volte mi pare troppo, così le seguo. La loro casa è una grotta dove ci sono altre due bambine più piccole e la madre.
Ci sediamo tutti a terra e mi offrono un té nei tipici bicchierini. Nessuno di loro parla inglese, le bambine però ogni tanto tirano fuori qualche parola. In qualche modo mi chiedono di dove sono e quando rispondo, tutte insieme, “aahhhh… Italy…”.
La più piccola ha un’espressione fantastica:
Non sembra un personaggio dei manga giapponesi?
Con me ho qualche caramella e un lecca-lecca, glieli offro e sono contentissime.
Poi sento un gemito provenire da un angolo: è un’altra bimba, appena nata!
Cinque figlie, la madre le accudisce mentre il marito è fuori per lavoro, mi fa capire.
Dopo il terzo o quarto bicchierino di té mi alzo e dò alla mamma una piccola mancia e proseguo la mia passeggiata.
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