Vivere Damasco é passeggiare nel suq al-Hamidiyya per poi deviare casualmente a scoprire i suq dell’abbigliamento, della passamaneria, quello dei tessuti, dove la gente del posto si rifornisce per le esigenze quotidiane. Poi nel suq delle spezie, tra i miei preferiti in ogni posto che ho visitato, e in quello dei tappeti e in quello dell’oro, ovviamente.
É incrociare un pony express che va spedito sulla sua bici, mentre con una mano tiene un cesto enorme di pane sulla testa.
Vivere Damasco é fermarsi ad un chioschetto e prendere una spremuta fresca di melograno, mentre si osserva un ragazzino che trasporta un saccone traballante su di un carrello, destreggiandosi tra la folla e i furgoncini.
É dare un’occhiata nel cortile di una vecchia casa e venire invitati a prendere un caffé da una famiglia cristiana che sta per festeggiare il figlio prossimo al matrimonio.
Vivere Damasco é starci 16 giorni a godersi il sole, la rilassatezza, il cibo, la shisha, la compagnia di altri viaggiatori entusiasti della capitale più antica del mondo.
Il luogo di culto musulmano, la moschea, ha un atmosfera molto diversa da quella a cui siamo abituati “noi” cristiani.
La chiesa, infatti é luogo di raccoglimento ed il silenzio, anche al di fuori, é fondamentale.
La moschea invece é innanzitutto luogo di incontro e relax. Gruppi di amici e famiglie si adagiano sulle stuole nel cortile a chiacchierare, rilassarsi; e anche a dormire. Ed é facile vedere bambini che giocano a rincorrersi o addirittura a pallone. E la preghiera? All’interno, che comunque raramente ho trovato silenzioso come quello di una chiesa.
La Grande Moschea degli Omayyadi é una delle più importanti dell’Islam, dopo quella della Mecca, di Medina e di Gerusalemme.